Nono e il flauto

Das atmende Klarsein (1981)ovvero La Chiarezza che respira

di Francesca Cescon

Il compositore Luigi Nono (Venezia 1924-1990) nel suo ultimo decennio di vita ha dedicato al flauto contemporaneo opere uniche e rivoluzionarie ed è impossibile separare il primo da Roberto Fabbriciani, magistrale interprete delle sue musiche.

Das atmende Klarsein, l’opera qui presa in esame ed eseguita per la prima volta il 30 maggio 1981 a Firenze, presso il Teatro La Pergola per il XLIV Maggio Fiorentino, non è però la prima opera in cui il flauto compare nella veste di solista. Già nel 1952 per Severino Gazzelloni era stato scritto Y su sangre ya viene cantando per flauto e piccola orchestra, seconda parte di un trittico dedicato a Federico García Lorca.

Ora, esaminando brevemente questa composizione per flauto, vediamo come la sua parte non predomini mai sugli altri strumenti e venga bandito ogni atteggiamento solistico tipico del concerto classico.

Seppure la tecnica esecutiva rimanga pressocché tradizionale, compaiono due elementi che saranno caratteristici della cosiddetta ‘terza pratica noniana’: l’attenzione alle dinamiche e alle sonorità fino al limite dell’udibile.

E questo nuovo cammino per il compositore veneziano inizia proprio con Das atmende Klarsein. Prima di addentrarci in aspetti specificatamente flautistici, non si può dimenticare come l’amicizia con Massimo Cacciari abbia influenzato questo nuovo percorso. Per merito suo Luigi Nono approfondisce la cultura ed il pensiero della Vienna tra il XIX° e XX° secolo; Ludwig Wittgenstein, Rainer Maria Rilke e Robert Musil, sono alcuni che, insieme a molti altri artisti, ispirano le sue ultime opere a cominciare proprio con Das atmende Klarsein.
Questa composizione per flauto basso, coro e live electronics è da considerarsi a tutti gli effetti il primo passo verso il Prometeo, la grande Tragedia dell’Ascolto dove la sua poetica troverà piena realizzazione.

Ascoltando i nastri di prova registrati nel dicembre dell’80 nello Studio di Fonologia, stupisce la facilità con cui Fabbriciani abbia ottenuto un numero veramente infinito di tecniche esecutive; lo strumentista dimostra quante siano le possibilità che si possono ricavare e non si percepisce nessun cenno di insicurezza nell’adoperare questo strumento non certamente agevole.
Flauto basso e voci restano distinte per tutto il brano. Alla fine della prima parte corale il flauto entra sull’ultima nota tenuta dalle voci e nella seconda sezione strumentale è richiesto esplicitamente all’esecutore di tenere la nota lunga fino all’attacco delle voci. Flauto e coro si sfiorano appena senza mai intersecarsi. Roberto Fabbriciani a tale proposito parla di nostalgia del passato relativamente alle voci e del futuro per il flauto.

Fabbriciani e Nono

Se le voci erano un elemento centrale già dalle prime opere di Nono il flauto solista, eccetto il pezzo scritto per Gazzelloni, fa la sua apparizione nell’ultimo periodo. Ancora una volta non può non tornare alla luce ciò che sta alla base dell’atto compositivo: il voler cercare nuovi percorsi.
Se la scrittura di Y su sangre è semplice, altrettanto non si può dire della parte iniziale del flauto di Das atmende.

Nella prima sezione flautistica, il compositore utilizza, oltre al normale processo di emissione-immissione, anche suoni non definiti ma sempre mescolati con l’aria. E sono proprio tutte queste modalità di aria intonata che interessano a Nono.

L’aria espirata ed inspirata non è altro che il processo con cui il flautista rende vivo lo strumento; questo respira grazie alla viva presenza di Fabbriciani o di chi per lui e continua a respirare per tutta la sezione visto che altre sono le occasioni di trovare questa tecnica durante il pezzo.
In questo processo sonoro fondamentali sono le dinamiche che dal p raggiungono il ff per poi ritornare al p e la prima sezione termina con una nota che finisce nel silenzio.

Questa prima parte flautistica presenta anche un’ulteriore particolarità di tipo grafico: è scritta adoperando due pentagrammi e in entrambi viene riportata la parte del flauto. In alcuni momenti nel pentagramma inferiore sono segnate le note da eseguirsi con le tecniche percussive (tranne in alcuni casi in cui anch’essi vengono segnati nel rigo superiore) e le fondamentali dei suoni armonici scritti nel pentagramma superiore.

Gigi e Roberto alla Giudecca

Con l’utilizzo di questo tipo di impaginazione il compositore vuole dare pari importanza a tutte le possibilità tecniche dello strumento, separando l’elemento percussivo da tutte le diverse tipologie di emissione. Questa sezione dal punto di vista meramente strumentale presenta una vasta gamma di possibilità sia tecniche che dinamiche, inoltre non c’è una sola indicazione metronomica dato che questa cambia molto spesso, come nella parte corale.
In questa composizione un altro elemento grafico importante e utile alla nuova poetica sono le corone. Nono, per ogni parte strumentale e corale, segna la durata in secondi di ciascuna di esse e la inserisce anche sulle pause. Per un esecutore che si vuole cimentare soprattutto con l’ultimo Nono, il giusto utilizzo di questo segno grafico è fondamentale.

Questa nuova modalità è stata inaugurata con il quartetto per archi Fragmente-Stille, an Diotima, composto tra il 1978 ed il 1979, considerato uno spartiacque nell’opera compositiva di Nono. Nella prefazione a questa composizione egli aveva specificato la durata di ogni corona differenziandola anche dal punto di vista grafico.

E nella prima parte dedicata al flauto le corone raggiungono perfino i 7”, ma non è certo la durata più lunga dato che nella parte corale vengono prolungate fino a 11”.

Bisogna acquisire una nuova sensibilità, entrare in una dimensione temporale che non sia frenetica è fondamentale per gli interpreti che vogliano cimentarsi con questo autore. Bisogna imparare ad ascoltare ma non certo in maniera superficiale e distratta; le note e le pause coronate devono entrare nell’esecutore ed imprimersi dentro di esso.

E’ stato detto prima che il live electronics avrà da ora una posizione di rilievo nelle opere di Nono: il live electronics sarà sempre presente nelle opere di Nono fino al Prometeo. Nono ha imparato questa nuova tecnica presso l’Experimentalstudio der Heinrich-Strobel-Stiftung di Friburgo. Tutti gli interpreti infatti devono imparare ad interagire con i microfoni e tutto l’apparato tecnologico, non considerandoli una semplice amplificazione del suono come un elemento importante con cui dialogare.

E Das atmende Klarsein potrebbe essere considerata come una vera e propria sperimentazione di questo nuovo approccio compositivo ed esecutivo. In ogni sezione flautistica infatti sono presenti differenti usi dell’elettronica utili a valorizzare e plasmare Nella prima è presente solamente l’halaphon strumento utile per la spazializzazione del suono. In questo modo gli esecutori e il pubblico vengono avvolti dal suono che viene spazializzato dagli altoparlanti presenti in sala. Nella seconda sezione composta da note è applicata la tecnica dei delay: il flauto deve interagire con sé stesso ritardato periodicamente dalla macchina. Ciò comporta un accorgimento fondamentale per quanto riguarda l’attacco del suono. Lo strumentista, se utilizza il classico colpo di lingua, sente questo impulso ripetuto dopo ogni secondo e mezzo e dopo tre. L’attacco delle note deve risultare il più morbido possibile, ottenuto con la sola emissione di aria senza che si verifichi nessun attacco brusco. In questa sezione inoltre il vibrato è trattato come un semplice abbellimento qualsiasi e ne venga specificata la maggiore o minore frequenza.

Nono qui scrive tutto quello che vuole ottenere dal suo strumentista: le indicazioni PF, MF indicano la quantità di fiato che si deve sentire nell’eseguire la nota.
Nella seconda sezione c’è anche la presenza di un suono con il fischio molto difficile da realizzare in quanto lo strumentista deve emettere una nota perfettamente intonata poiché il suo fa verrà poi ripreso nella sezione successiva dai soprani. La penultima sezione del flauto è dedicata invece ai suoni eolians.

Come nella prima Nono utilizza più di un pentagramma: in questo caso fa uso di tre righi musicali. In quello inferiore annota le note fondamentali che devono essere suonate, nel mediano e in quello più alto troviamo le risultanti sonore. Gli eolians si ottengono soffiando poco in modo che non escano suoni precisi ma neanche solo un soffio. Questi se ottenuti con il flauto basso sono molto più evidenti e amplificati anche grazie all’apporto del live con lo strumento dell’harmonizer (strumenti traspositore). La terza è la più immateriale di tutte le sezioni perché qui il suono è qualcosa che si sente e non si sente. È qualcosa che appartiene ad un altro mondo, sembra quasi di scorgere le anime che leggere si librano verso un altro luogo, un altro dove diverso da quello umano.

L’ultima parte flautistica è invece dedicata all’improvvisazione su nastro preregistrato da Roberto Fabbriciani, da cui ogni flautista può trarre spunto per la sua invenzione. Nel nastro vi sono presenti tutte le tecniche registrate presso lo Studio di Fonologia della Rai di Milano.
Il flautista deve produrre qualcosa che abbia un senso e che sia legato al resto del brano e può farlo avendo l’umiltà di studiare Nono prima di tutto dal punto di vista puramente estetico. Se non si possiede alle spalle una profonda conoscenza di come il compositore intendesse l’atto musicale sarà molto difficile cogliere le impalpabili sfumature che percorrono tutta la sua opera.
Per Nono è importante il virtuosismo dinamico: non più la quantità di note ma la quantità infinita di possibilità dinamiche.

Per l’esecutore qui è fondamentale saper interagire con il microfono e dialogare con il proprio suono che esce trasformato in tempo reale e a intervalli regolari, dalle “fonti sonore” quali sono gli altoparlanti. Come accade per esempio nella seconda parte: solo quando il suono ritardato finisce il suo percorso l’esecutore può iniziarne un altro. Questi deve considerare il microfono non come un puro mezzo di amplificazione ma deve imparare a dialogare con esso, a muoversi intorno, ad allontanarsi e ad avvicinarsi al “mikro” come esplicitamente chiede il compositore. Il microfono diventa anch’esso un mezzo espressivo creando così una dimensione sonora del tutto nuova.

La strettissima interazione con l’elettronica ci fa capire meglio poi l’utilizzo di poche note nelle partiture strumentali, e questo lo possiamo vedere chiaramente nelle varie sezioni flautistiche di Das atmende Klarsein. La prima parte che possiede una maggior presenza di note e di diverse modalità esecutive presenta solamente l’amplificazione e l’utilizzo dell’halaphon. Mentre nelle altre, a una maggiore rarefazione della scrittura corrisponde a un maggior utilizzo delle tecniche del live electronics.

Imparare ad ascoltarsi e ad ascoltare, è questo che Nono esige dall’interprete e dal pubblico. Anche quando lo strumentista ha finito di eseguire la musica deve rimanere calato nella situazione e ascoltarsi, ascoltare il suo suono che si muove nello spazio.

Ecco dunque che questo connubio tra live electronics e strumenti tradizionali inizia proprio con un’opera dedicata al flauto, in particolare al flauto basso di Roberto Fabbriciani. Con Das atmende Klarsein si inaugura così anche un altro importante aspetto dell’ultimo Nono: lo stretto sodalizio umano ed artistico che si verrà formando tra lui ed alcuni esecutori. Come è noto dalle loro testimonianze e dalle carte di Nono, molte sono state le ore passate in studio durante le quali Fabbriciani, il tubista Giancarlo Schiaffini, il clarinettista Ciro Scarponi e molti altri hanno sperimentato le innumerevoli possibilità che potevano ricavare dai loro strumenti dando così vita ad infiniti mondi sonori.

Francesca Cescon, flautista e musicologa

Email: francesca.cescon@virgilio.it

ha studiato flauto traverso con il maestro Enzo Caroli conseguendo il diploma presso il Conservatorio “B. Marcello” di Venezia con ottimi voti nel 1999. Nel corso dei suoi studi si perfeziona con i maestri Ancilloti, Larrieu, Klemm e Zaralli conseguendo il diploma presso l’Accademia flautistica di Imola sotto la guida di Glauco Cambursano.
Avvicinatasi alla musica contemporanea partecipa in qualità di allieva effettiva alle master class di Roberto Fabbriciani e Annamaria Morini. Ha completato col massimo dei voti, presso il Conservatorio “B. Marcello” di Venezia, il Biennio di II° livello (ad indirizzo solistico) sotto la guida di Federica Lotti e il Biennio di II° livello ad Indirizzo Cameristico. Consegue presso il Conservatorio della Svizzera Italiana di Lugano il Diploma per il Master of Advanced Studies in Contemporary Music sotto la guida di Mario Caroli. E’ laureata in Lettere (Ordinamento Quadriennale) con la tesi “Das Atmende Klarsein di Luigi Nono. Indagine analitica e filologica sulla prima esperienza di Luigi Nono con il Live Eletronics” conseguendo anche la Laurea Specialistica in Musicologia e Beni Musicali con un lavoro intitolato: “Nono e Dalla Piccola, rispecchiamenti”.
Segue regolare attività concertistica ed è molto attiva nell’ambito della musica contemporanea collaborando con diversi compositori. E’ stata membro stabile dell’Ensemble L’Arsenale diretta da Filippo Perocco. Ha partecipato con questo gruppo alla Biennale Musica di Venezia nel 2009 e 2010. In quest’ ultima edizione ha eseguito Diario Polacco n.2 di Luigi Nono e ha collaborato con i Neue Vocalsolisten Stuttgart per Aventures di Gyorgy Ligeti, esecuzione questa trasmessa dai Rai3 per la Radio Televisione Italiana. Ha partecipato in qualità di relatirice ai Convegni organizzati rispettivamente dalla SidM e dal Saggiatore Musicale e la sua tesi di laurea su Luigi Nono rientra in un progetto editoriale per la Casa Editrice Ars Publica.