IL FLAUTO MULTIFORME DI CARLA REBORA 

by Francesca Cescon

Scorrendo le sue viarie e numerose composizioni per flauto, è difficile credere che per questo strumento non sia stato “amore a prima vista” per Carla Rebora. Genovese di nascita, è sicuramente una figura di rilievo nel panorama compositivo contemporaneo italiano ed internazionale. Allieva di Azio Corghi, da anni affianca la sua intensa attività creativa a quella di docente in diversi conservatori fino ad approdare al “Giuseppe Verdi” di Torino per la cattedra di teoria ed analisi. 

I suoi articoli sono pubblicati in importanti riviste di analisi musicale ed è invitata regolarmente come relatrice in prestigiosi convegni internazionali. Il personale e nutrito catalogo spazia dal teatro musicale all’orchestra, dai brani solistici fino alla musica da camera. E all’interno di questo corpus, al flauto sono dedicate numerose pagine che lo vedono impegnato sia in complessi cameristici sia come solista. 

Carla Rebora però non si limita solo a scrivere per il flauto in do ma estende il suo interesse a tutta la famiglia, in particolare al flauto in sol (il preferito della compositrice) e al basso. 

Lo spettro sonoro è esaminato e analizzato in ogni sua sfaccettatura e lo stesso si può dire per l’ambito dinamico. Le composizioni dunque risultano originali e molto varie e il flautista può cimentarsi con nuove e interessanti pagine potendo così arricchire il suo repertorio. 

In a dry season per flauto in sol, parte di un breve ciclo compositivo e scritta nel 2020, trae ispirazione da Gerontion, poema di Th.S. Elliot dalle cui pagine la compositrice ha percepito la stessa chiusura e tensione emotiva che troppo aleggiava durante il primo gr¹¹¹qavZZZe periodo pandemico. 

Ma il 2020 è stato anche l’anno in cui si sarebbe dovuto celebrare il centenario della nascita di Bruno Maderna. E Carla Rebora omaggia il grande compositore dato che in questo brano sono presenti alcuni frammenti dal Don Perlimplim. In a dry season non presenza particolari tecniche esecutive contemporanee e anche questa scelta deve essere letta come un ulteriore omaggio a Maderna e al suo interesse principale per la melodia. 

È questa che prevale nel pezzo della compositrice, l’esecutore, aiutato dagli stralci del poema presenti in partitura (utili per una comprensione e quindi un’esecuzione più completa), dà viva voce alla linea melodica. Il flauto in sol risulta poi essere la scelta migliore: con la sua sonorità particolare lo strumento spazia dal registro grave a quello più acuto e il suo particolare timbro rende ancora più interessante la tavolozza sonora e dinamica. 

Nella composizione certo non mancano i momenti virtuosistici ma questi non si riducono a meri esercizi “digitali”, questi passaggi si trovano nella parte centrale della composizione e fanno da trait d’union tra le due parti melodiche, quella iniziale e quella finale. E anche tra queste righe, che in primo momento potrebbero essere lette come semplici esercizi di tecnica digitale, l’esecutore deve far risaltare la melodia anche se questa risulta sottesa. 

Ma ogni composizione di Rebora dedicata al flauto è originale! Il duo Suite 443 per esempio potrebbe essere visto come un ritorno all’antico. I due flauti intrecciano i loro suoni tra i diversi movimenti richiamando così a danze antiche Sarabande, Forlane, Rigaudon e ognuna con le sue caratteristiche ben specifiche. Dal Preludio o Toccata dal carattere improvvisativo si passa alla Sarabanda dall’andamento lento ma deciso. Nella parte finale di quest’ ultima poi abbiamo una concentrazione maggiore di tecniche esecutive contemporanee e di gruppi ritmici irregolari che intersecano al meglio il dialogo tra le parti. 

Dalla Forlana emerge quel carattere gioioso e scanzonato tipico delle danze popolari mentre la Suite si chiude con un Rigaudon leggero caratterizzato da una coda nella quale i due flauti devono essere perfettamente sincroni in modo da concludere insieme e senza incertezza alcuna. 

Credo però che il culmine per quanto riguarda le composizioni per flauto sia stato raggiunto da Carla Rebora con l’azione scenica Il Ciel Velocissimo del 2021 scritto per voce femminile e flauti con un solo esecutore. La composizione si ispira alla Divina Commedia e in particolare al Paradiso e, come il Fiorentino tramite i suoi versi aspira alla visione del divino e quindi della perfezione, ritengo che un perfetto equilibrio Rebora lo abbia raggiunto. Il flautista deve destreggiarsi tra strumenti di diversa grandezza alternando momenti virtuosistici ad altri di grande cantabilità e in perfetta sintonia con la voce femminile che, in certi momenti, riveste il ruolo di percussionista, tra lastre di metallo e glockenspiel. 

Bisogna precisare che flautista e cantante non rivestono ruoli ben definiti, non sono personificazioni di nessun personaggio, né di Dante né di Beatrice e, scorrendo la partitura, si può osservare come i due attori-esecutori si intreccino, si allontanino e si riavvicinino non solo musicalmente ma anche fisicamente sfruttando al meglio tutto lo spazio scenico. 

Ancora una volta Carla Rebora predilige il flauto in sol: delle nove parti, sei sono da suonarsi col flauto contralto e non c’è sezione in cui le qualità di questo strumento non vengano presentate al meglio. L’esecutore deve destreggiarsi al meglio tra cambi dinamici e timbrici, anche repentini, utili a distinguere una sezione dall’altra e a tracciare al meglio l’ascesa di Dante e degli interpreti stessi. 

È nel Cielo Settimo che il flauto in sol raggiunge l’apice compositivo; e non è un caso: è questa la parte dedicata alla Contemplazione e per riuscire al meglio lo strumento deve essere utilizzato e sfruttato nella sua totalità. Qui Rebora rivela (con la contemplazione possiamo avere anche rivelazione?) la doppia anima dello strumento: non solo quella cantabile ma anche quella più ritmica e incalzante. Allo sprech della voce il flauto risponde con una serie di doppie terzine di sedicesimi che ben accompagnano i versi “E fero un grido di sì alto suono, che non potrebbe qui assomigliarsi”. Anche le parti dedicate al flauto basso sono degne di nota. Come dice la compositrice stessa “anche il flauto grave può essere usato per l’ascensione” sia fisica che spirituale. 

Ed è proprio così: nel Cielo Terzo, il Ciel di Venere, il flautista deve compiere una vera e propria ascensione sonora che potrebbe benissimo essere considerata a tutti gli effetti anche un’ascensione spirituale. Deve spingersi fin quasi oltre i suoi limiti, con il flauto basso si sale fino al sol dell’ottava sovracuta e con passaggi timbrici ma soprattutto dinamici repentini: dal forte al pianissimo. 

Ma in che modo Carla Rebora è riuscita a creare queste pagine di altissimo livello compositivo e performativo? È la compositrice stessa a parlare di “comunione di intenti”: si tratta di un lavoro fatto di scambi reciproci tra lei e gli esecutori. Rebora stessa afferma che il contributo degli interpreti è stato fondamentale, intenso ma anche catartico. Anche per la compositrice dunque il rapporto con gli interpreti è fondamentale: solo in questo modo infatti lei ha potuto conoscere meglio sia la voce che il flauto, esplorando di entrambi ogni possibilità esecutive. E, se vogliamo chiudere il cerchio, il pensiero ancora una volta non può che ritornare a Maderna e a Severino Gazzelloni dalla cui reciproca collaborazione sono nati quei capolavori che certamente sono stati oggetto di studio e di ispirazione per Carla Rebora. 


Francesca Cescon 

francesca.cescon@williamplaicrgilio.it

ha studiato flauto traverso con il maestro Enzo Caroli conseguendo il diploma presso il Conservatorio “B. Marcello” di Venezia con ottimi voti nel 1999. Nel corso dei suoi studi si perfeziona con i maestri Ancilloti, Larrieu, Klemm e Zaralli conseguendo il diploma presso l’Accademia flautistica di Imola sotto la guida di Glauco Cambursano.
Avvicinatasi alla musica contemporanea partecipa in qualità di allieva effettiva alle master class di Roberto Fabbriciani e Annamaria Morini. Ha completato col massimo dei voti, presso il Conservatorio “B. Marcello” di Venezia, il Biennio di II° livello (ad indirizzo solistico) sotto la guida di Federica Lotti e il Biennio di II° livello ad Indirizzo Cameristico. Consegue presso il Conservatorio della Svizzera Italiana di Lugano il Diploma per il Master of Advanced Studies in Contemporary Music sotto la guida di Mario Caroli. E’ laureata in Lettere (Ordinamento Quadriennale) con la tesi “Das Atmende Klarsein di Luigi Nono. Indagine analitica e filologica sulla prima esperienza di Luigi Nono con il Live Eletronics” conseguendo anche la Laurea Specialistica in Musicologia e Beni Musicali con un lavoro intitolato: “Nono e Dalla Piccola, rispecchiamenti”.

Segue regolare attività concertistica ed è molto attiva nell’ambito della musica contemporanea collaborando con diversi compositori. E’ stata membro stabile dell’Ensemble L’Arsenale diretta da Filippo Perocco. Ha partecipato con questo gruppo alla Biennale Musica di Venezia nel 2009 e 2010. In quest’ ultima edizione ha eseguito Diario Polacco n.2 di Luigi Nono e ha collaborato con i Neue Vocalsolisten Stuttgart per Aventures di Gyorgy Ligeti, esecuzione questa trasmessa dai Rai3 per la Radio Televisione Italiana. Ha partecipato in qualità di relatirice ai Convegni organizzati rispettivamente dalla SidM e dal Saggiatore Musicale e la sua tesi di laurea su Luigi Nono rientra in un progetto editoriale per la Casa Editrice Ars Publica.