Tecnica”mente”: la psicocinestesia nel flauto traverso

Mirella Pantano

Siamo di nuovo qui a parlare di psicocinestetica flautistica, dopo il mio articolo          precedente vorrei continuare il nostro viaggio affrontando quello che ritengo sia il motore fondamentale di ciascun apprendimento, il Capire, entrare nell’essenza delle cose, scoprire e dominarne i meccanismi. La mia curiosità si è spinta sempre oltre, sin dall’inizio del mio percorso di vita e musicale ho sempre voluto capire profondamente le cose.

Quando mio padre mi regalò il mio primo flauto, curiosa di scoprire come fosse costruito, l’ho smontato tutto in una notte con un piccolo cacciavite. È stato un percorso affascinante e vi devo dire che mi sono divertita un mondo. Poi, però, mi sono accorta di doverlo rimontare; ci è voluto tantissimo, tremavo, ma ho capito che il meccanismo che muoveva tutto era l’equilibrio, un sistema perfetto e sincronizzato, c’erano viti che comandavano più chiavi e tasti e viti che dovevano essere strette in modo da far chiudere tutto perfettamente.

Se avessi stretto troppo un tasto, un altro sarebbe restato aperto e se avessi stretto troppo poco, l’altro sarebbe rimasto aperto, insomma una cosa davvero complicata per una ragazzina. Questo è stato il mio primo approccio a questo mondo e vi fa capire realmente come vedo le cose; non mi fermo mai alla superficie, a ciò che si vede, perché mi incuriosisce molto di più quello che non si vede.

Questa è la stessa strategia che utilizzo per studiare la musica e suonare lo strumento, come già detto nel mio articolo precedente, andando oltre quello che appare. La nostra performance strumentale ci coinvolge non solo sul piano intellettuale quindi, ma anche sul versante corporeo in un binomio mente-corpo che nell’atto performativo è assolutamente necessario ed inscindibile, come quei tasti perfettamente in equilibrio tra loro.

L’approccio psico-cinestetico nella nostra storia flautistica aiuta a migliorare, perfezionare e sviluppare il nostro sistema sensoriale e la nostra memoria, a lavorare con il corpo e lo strumento in una coordinazione perfetta, attraverso esercitazioni e tecniche mirate; ci spinge ad entrare nel concreto dell’atto musicale.

Partiamo dal presupposto imprescindibile che Il corpo è davvero il nostro vero strumento e non una sua appendice; è la parte reale e vibrante della catena di produzione del suono. Spesso pensiamo erroneamente al nostro strumento come ad un oggetto estraneo a noi che dobbiamo in qualche modo dominare e possedere, ma non diamo la giusta rilevanza al valore del nostro corpo da cui parte tutto. Il nostro strumento, qualunque esso sia, inizia dal nostro corpo, dalla nostra mente interiore l’IO cognitivo e nel nostro IO emozionale, proseguendo poi nello strumento che diventa così la nostra voce, ma sostanzialmente l’ultima parte di questo magnifico processo. Quindi solo la sinergia perfetta tra i due elementi può produrre l’evento musicale.

Attraverso l’atto esecutivo, lo strumentista traduce in una materia percepibile all’esterno le relazioni che si stabiliscono all’interno della propria idea interpretativa; questo articolo pone la sua attenzione sull’ approccio psico-cinestetico, che ritengo sia l’unico in grado di produrre la consapevolezza del processo musicale. Perché suonare è un atto di pura audacia e, insieme, di profonda interiorità, in cui a pensare, suonare ed esprimersi è l’organismo intero.

Tutto il corpo prende parte al pensiero, al sentimento, alla volontà, attraverso dinamiche di assimilazione e rifiuto che definiscono la libertà espressiva dell’Io. 

La musica è la rappresentazione sonora, simultanea, del sentimento del movimento e del movimento del sentimento.”          

Bob Marley

Un musicista, nel corso di una performance, se pur legato alla partitura, presto si perde dentro la magia del suono e del processo creativo per diventare sé stesso. In questo senso tutto si basa sulla volontà e sul pensiero, sulla capacità del corpo di ricordare, decidere, anticipare, esprimere, creare. Noi siamo strumento di questi processi, realizzazione di quel che accade nelle nostre strutture nervose. Tra le tensioni che si devono affrontare, l’ansia del risultato espressivo e la pura ricerca artistica.

In questa audace sfida con il suo cervello si spera, più di qualsiasi cosa, che nulla interferisca con il movimento delle mani. Affrontiamo, capiamo e gestiamo ogni giorno il nostro IO cognitivo e quello emozionale, in un equilibrio estremo essi sono i due alterego di un musicista, sempre in una continua lotta verso la ricerca della perfezione.

IL nostro IO cognitivo è quella parte che ciascun musicista esercita per tutta la sua vita lavorando e studiando per assimilare culture stilistiche diverse, tecniche, tradizioni, elementi di teoria, linguaggi musicali differenti. 

Per questo e così importante sentirlo costantemente e non dimenticarsene mai, curarlo come si cura una piantina. Nell’esecuzione artistica poi non si deve mai sottomettere l’IO emozionale all’IO cognitivo, ma farne di questo un forte alleato. Essi danno costantemente forma e sostanza alle nostre espressioni in una condivisione emotiva ed empatica. Senza la partecipazione dell’IO emotivo, dunque, quelle mappe neurali che fanno di noi quello che siamo non riuscirebbero ad esprimere nulla, perché è proprio mentre suoniamo e che lasciamo risuonare quel frammento melodico, quel colore, quel sapore armonico, che riusciamo ad esprimere noi stessi; è solo così che si crea la Magia della musica, essa è proprio il valore imprescindibile di una qualsiasi performance musicale, ne detta il profilo estetico, la possibile condivisione emotiva, empatica e sensibile.

Il partecipare profondo a tutto questo, attraverso l’io Cognitivo ed Emozionale e una condivisione sincera dei due aspetti, permette di riuscire a dare espressione alla Magia. Ogni strumento non è solo una frequenza, per quanto ricca e complessa, ma è sempre anche un veicolo d’informazioni molto articolate, informazioni che esprimono aspetti sensibili, emotivi, culturali, teorici, cognitivi, risvegliando sia in chi ascolta che in chi suona, elementi di memoria soggettiva e condivisa, passioni e sentimenti. 

“La Musica è la forma più forte di Magia.

Marilyn Manson

Nella psicocinestesia ricopre un ruolo fondamentale nell’equilibrio intrinseco quindi dell’IO Emozionale e di quello Cognitivo. Spesso mentre suoniamo assumiamo con il corpo atteggiamenti negativi che non aiutano ad ottenere un bel suono e una bella espressività musicale, questo succede inconsapevolmente, siamo così presi dall’esecuzione da dimenticare che dobbiamo accogliere il suono dentro di noi.

A volte è il nostro apparato respiratorio a respingere e bloccare la nostra libertà sonora, chiudiamo la gola, respiriamo in tensione. A volte è la nostra postura che ci tradisce, la nostra schiena, le nostre braccia, il nostro apparato fonatorio. 

Sostanzialmente dovremo ambire a raggiungere una libertà flautistica che ci consenta di esprimerci al meglio.  Come fare per portare il corpo a uno stato di rilassamento totale, libero da ogni blocco fisico emotivo e funzionale?  Bene, questo lavoro si fa su sé stessi, la prima cosa che si deve fare è lavorare sui nostri blocchi emotivi, non sul flauto, ricordiamoci che il flauto è solo un mezzo espressivo.

Il blocco emotivo è quello che non ti fa esprimere, le cattive abitudini posturali ed espressive, quello che non ti dà libertà di spingerti oltre. Prima dobbiamo fare un lavoro di presa di coscienza, scoprirsi, e riconoscersi una propria identità. Con la musica si esprime sé stessi, non esprimi altro, attraverso la musica il musicista deve essere libero di arrivare ad esprimere il proprio io interiore. In sostanza impara a conoscere te stesso intimamente, il tuo corpo, la tua mente e poi riuscirai a esprimere attraverso uno strumento quello che senti dentro, creati una sorta di libertà interiore mentale e fisica che ti dia l’imput giusto.

Partire quindi da dentro se stessi è la strada giusta, spesso noi guardiamo al finale dell’esecuzione, al concerto, ma dimentichiamo che la fine non esiste senza inizio. Arrivare a poggiare le dita su uno strumento e a creare dei suoni, delle frasi musicali espressive, significa aver fatto uno studio per conoscere e sapere da dove tutto questo parte, conoscere dove ha inizio ci permette di arrivare molto più avanti.

Ricordiamoci che un quadro è fatto del tutto ma anche del poco, di ogni minima sua parte. Un quadro si guarda nella sua interezza ma non nasce intero, nasce da piccoli frammenti che via via evolvono, nasce da un’idea, da uno stile, dai colori, dalla densità delle pennellate e dalla loro forma, dalla luce e dalle ombre, da uno stato d’animo, da un’idea. Ecco, il processo conoscitivo e flautistico è questo, se respiro… quanto respiro, come il mio suono può evocare un sentimento, in fondo è questo alito di anima che esce fuori e va nel mio flauto che crea la magia, come una splendida pennellata artistica ricca di colori.

Creiamo un filo immaginario che parta da dentro ed entri nel nostro io. Immaginiamo con la nostra mente il suono come un elastico che parta attorcigliato e via via si tiri creando la tensione; tensione che non va mai interrotta. Questo è un aspetto importante, la visualizzazione di quello che il nostro corpo compie per raggiungere l’obiettivo musicale, guardarsi dentro. Il suono finale è il risultato di una sinergia della tua mente, del tuo corpo, così che il tuo strumento sia in un equilibrio totale.

L’espressività viene dalla tensione e rarefazione del suono che ondeggia; quindi, quando suoniamo, dobbiamo vedere il suono propagarsi attorno a noi, immaginarlo che si libri nell’aria, e vederlo muoversi, con lo scopo mirabile di arrivare a esprimere la sua profonda ricchezza.

“Per me la musica è il colore non il dipinto. La musica mi permette di dipingere me stesso”

David Bowie

Primo esempio di Psicocinestesia

Ogni brano di cui affrontiamo l’esecuzione è un viaggio interiore che scava dentro il vostro io, crea un solco indelebile, sostanziale per crescere musicalmente e per mettere radici solide per un nuovo percorso e una nuova scoperta musicale.

Dobbiamo affrontare lo studio di un passo difficile, non solo dal punto di vista articolare, ma formale ed emotivo. 

Guardate il passo e scopri come è strutturato:

  • capite come procede
  • sale
  • scende
  • è una progressione
  • dove e come si muove
  • dove si appoggia
  • dove può vivere di inerzia
  • sfruttate il punto di vista   
  • che emozioni vi suscita
  • pensate che le dita si muoveranno bene solo se capite il senso, la direzione, la struttura, la sua parte    emozionale

Secondo esempio di Psicocinestesia

Quando studiate l’emissione per verificare come si muove la vostra aria, guardate l’alone che si viene a creare sulla boccoletta. Perché il suono sia centrato essa dovrà creare l’alone esattamente al centro di questa ed essere piccolo e verticale. Visualizzate il percorso che essa fa, partendo da dentro prima di arrivare ad infrangersi .

Terzo esempio di Psicocinestesia

Quando eseguite un passo provate a pensare che sia il tasto ad alzare il dito e a spingerlo in su:

  1. fermate le dita esattamente dove si blocca il tasto in questo modo eseguirete tutto più correttamente,
  2. alleggerite la pressione delle dita esse si alzeranno il tanto che serve e non più 
  3. percepite i tasti sotto le dita anche e sono fermi mentre suonate e in riposo momentaneo

Così facendo fornirete un assetto più preciso al vostro strumento elemento indispensabile. 

Esercizio sulla MICRO-RESPIRESPIRAZIONE

Spesso ci troviamo a dover suonare lunghe frasi musicali dove obiettivamente non si dovrebbe respirare, ma magari è necessario farlo. Dobbiamo respirare senza intaccare la velocità, senza mollare la tensione del suono, senza danneggiare l’intonazione, senza allontanare la lingua per avere ogni inizio frase pulito… insomma respirare senza fare danni:

Esercitatevi a fare respiri veloci; si possono fare respiri molto veloci, come dico sempre dei micro-respiri tra le semicrome quando è necessario, ma dovrete lavorare, come per tutte le abilità del flauto, partendo da “lentamente” per visualizzare con il respiro l’estensione del torace e il riposizionamento della lingua. Questo esercizio si presta alla Micro-respirazione, conviene utilizzare piccoli respiri veloci o velocissimi, piuttosto che un respiro completo.  È così che imparate a mantenere i polmoni pieni quando il posto per respirare è lontano ed avete poco tempo per respirare nel mezzo. È solo una tecnica che va praticata con tenacia e convinzione perché, non dimentichiamoci che i cambiamenti, anche quelli flautistici, avvengono prima nella nostra testa, è dentro di noi che accettiamo un cambiamento e poi abbiamo modo di lavorare ad esso:

  1. Non aprite troppo la bocca quando fate i tuoi Micro-respiri se non quel tanto che serve
  2. la vostra lingua deve essere sempre in posizione, quindi posizione lingua e contemporaneo micro-respiro
  3. ogni inizio diventerà perfetto e il vostro nuovo suono non sarà sporco
  4. suonate in modo che la vostra imboccatura rimanga fissa
  5. Inspirate velocemente e sarete già pronti per la prossima nota; non ci vorrà molto tempo.

L’esercizio vi suggerisce di fare un respiro veloce tra due note, poi ogni terzina, ogni quartina e così via, accorciando della metà l’ultima nota del gruppetto. In questo modo iniziate a non aprire troppo la bocca e a respirare velocemente nello spazio di tempo che avete e a forzare le costole ad espandersi. Ovviamente non lo suonerete per davvero in questo modo e non respirerete ogni cellula ritmica, ma questo lavoro vi servirà a respirare velocemente senza cambiare l’imboccatura.

Dovete imparare a respirare velocemente perché quando la musica ha un crescendo, avrete bisogno dell’aria e non dovrai andare in affanno. Piccoli respiri veloci ti daranno l’aria di cui avrete bisogno tanto quanto un respiro completo, quando non ci sarà nessun posto dove fare un respiro grande. 

Esercitatevi e attenzione a non cambiare tempo o ritmo, a non creare spazi per respirare nel tempo ma a rubare spazio nel tempo, siate creativi, usate le scale, gli arpeggi ecc. Usate il metronomo perché manterrà il vostro tempo fedele e non vi permetterà di rallentare inavvertitamente, aumentando la velocità con gradualità. 

È solo questione di pratica perché potrete fare un respiro molto veloce, forzare le costole ad espandersi e l’aria entrerà abbastanza velocemente, almeno abbastanza per passare al successivo posto dove respirare con calma. 

Se non vorrete più rimanere senza aria, dovrete studiare la tecnica giusta che impedisce che questo accada e danneggi il vostro suono. Lavorare su questo richiederà settimane, poi applicate via via ai brani che state studiando, come tutte le cose in cui si vuole progredire la gradualità è tutto.

La gestione dell’aria è uno degli scogli più grandi degli strumentisti a fiato e dei cantanti, ma superato questo la vostra espressività ne trarrà vantaggio e inizierete a suonare esattamente come il vostro cuore vi dice.

Nel prossimo articolo, approfondirò le tecniche accennate e proverò a guidarvi in questo lungo percorso nella PSICOCINESTESIA FLAUTISTICA.


Mirella Pantano

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Consegue la Laurea in flauto traverso, allieva di C. Tamponi e A. Pucello.
Svolge attività concertistica come solista, in orchestre sinfoniche, televisive, tra le quali “La corrida”, “Domenica In”, “Concerto di Natale 2009” e molte altre.
Svolge attività concertistica esibendosi come solista Parigi, Miami, Barcellona, Belgio, Valencia, in gruppi da camera, in duo pianistico con clavicembalo repertorio barocco e orchestre.
E’ docente di Masterclass flautistici con specifica in Flauto in do, basso. sol e ottavino.
Vince a soli 14 Anni il Primo premio assoluto al Concorso letterario di cui ê Presidente di giuria Libero de Libero, con premiazione in diretta su RAI DUE, da allora è autrice di innumerevoli favole musicali, per alcune delle quali “UN ALTRO CIELO” E “IL BOSCO PRODIGIOSO” sono state messe in scena, realizzando CD per uso didattico