Aria calda e aria fredda nel flauto e negli strumenti a fiato

di Marco Gaudino

L’analisi della temperatura delle colonne d’aria che cooperano nella formazione e produzione del suono negli strumenti a fiato, tra lo strumento e lo strumentista, è di fondamentale importanza al fine di definire i parametri per la ricerca del bel suono.

Uno strumento a fiato, rispetto al suo esecutore, deve essere definito come sistema non perfetto ma perfettibile nel suo funzionamento ideale.

Nell’articolo precedente I principi di aerodinamica che regolano la produzione del suono nel flauto e negli strumenti a fiato si è discusso intorno ai principi aerodinamici che regolano la produzione acustica, sottolineando che il suono nasce da una compressione aerea data dalla colonna d’aria dello strumentista che diventa pulsante interagendo con quella contenuta negli strumenti.

 Le colonne aeree che interagiscono nella formazione del suono sono regolate da differenziali pressori dovuti a variazioni aerodinamiche e perturbazioni che, in cooperazione tra i tubi degli strumenti stessi e la pressione atmosferica, formano una corda aerea vibrante in evoluzione.

Cosa determina un bel suono da un cattivo suono in questo processo di produzione generale? 

Definire cosa sia un bel suono in uno strumento a fiato è stato scritto e riscritto in molti metodi e trattati. Un bel suono deve essere omogeneo nei tre registri grave-medio-acuto, sia in intensità sonora che nelle variazioni timbriche, nel rispetto di ciò che si esegue. Il bel suono deve essere intonato, avere proiezione (ossia udibile alla maggiore distanza possibile dalla zona da cui viene prodotto), essere pulito da imperfezioni di emissione sia nel suo attacco che nella sua sequenza di produzione nel tempo. Deve avere possibilità di variazioni coloristiche e timbriche con la prerogativa di un’intonazione stabile durante i processi descritti. Per timbro, in acustica musicale si intende il colore del suono, che varia sia da strumento a strumento che da strumentista a strumentista per lo stesso strumento.

Le sue innumerevoli sfumature, per uno stesso strumento, dipendono dal modo in cui gli armonici di base contenuti nel suono hanno maggiore o minore intensità sonora tra loro e, in ordine di quantità degli stessi, nella distinzione tra uno strumento e un altro. 

Possiamo definire armonici i micro-suoni che sono contenuti nello stesso suono che il nostro orecchio percepisce come globale. Ad esempio dal do grave nel flauto traverso è possibile far venir fuori variando la velocità del flusso aereo in ingresso: un do medio, un sol medio, un do acuto, un mi acuto, un sol acuto, si bemolle acuto.

Le armoniche, altra terminologia per definire le particelle che compongono un suono fondamentale, sono anche quei suoni potenziali che vengono fuori “udibili”, come precedentemente illustrato, variando la velocità di pulsazione della colonna d’aria, definita in questo articolo come “corda aerea”. 

Una corda d’aria che aumenta la sua velocità di pulsazione nel tubo del flauto fa in modo che, da un suono detto fondamentale, venga fuori un altro suono con frequenza più alta e altri ancora secondo una sequenza stabilità dal sistema costruttivo dello strumento stesso, rapportabili al sistema musicale che abbiamo convenzionato storicamente nei secoli.

Una delle parole chiavi nella tecnica di produzione del suono negli strumenti a fiato deve sempre essere “variazione di velocità del flusso aereo” durante l’emissione del suono.

I motivi per cui le variazioni di velocità di flusso aereo in ingresso negli strumenti a fiato sono fondamentali per poter gestire la qualità del suono e non solo le variazioni di altezze tonali, sono presto detti: le temperature delle due colonne aeree che interagiscono hanno tra loro poco impatto di compressione.

La colonna aerea dello strumentista a fiato è più calda di quella che comprime.

L’aria calda rispetta a quella più fredda contenuta negli strumenti a fiato ha un rapporto di compressione non ideale ad ottenere un bel suono: l’aria calda ha particelle aeree più dilatate rispetto a quella più fredda e non ha su di essa un ideale rapporto di compressione al fine di generare un suono naturalmente pieno e sostenuto. L’aria calda non tende a comprimere l’aria fredda che ha particelle aeree più condensate, quest’ultima è più pesante della calda immessa dallo strumentista. Il modo per ovviare a questo problema da parte dello strumentista a fiato, nella ricerca di corrette compressioni aeree e quindi del suono, consiste nel saper gestire le velocità del flusso aereo che egli stesso immette nello strumento.

L’azione di compressione aerea sostenuta dallo strumentista è fondamentale alla qualità della produzione sonora. Sostegno del suono vuol dire usare una colonna aerea che abbia una velocità adeguata al tipo di suono da emettere nelle sue altezze, nelle differenti timbriche e nelle sfumature sonore. Una parte del flusso aereo dell’esecutore nel flauto traverso, ad esempio, nella fattispecie quello che va verso lo spigolo esterno della testata, crea una decompressione tra la boccola e l’interno della stessa, le particelle aeree presenti nel tubo del flauto si allontanano tra loro perdendo la pressione originaria in ordine alla pressione atmosferica di quel momento, mentre le particelle aeree più compresse provenienti dall’interno del tubo ed in contatto con l’esterno si spostano inversamente interagendo con quella parte di flusso dell’esecutore che entra nel tubo stesso.

La parte della colonna aerea che comprime l’aria contenuta nel tubo del flauto (flusso aereo dello strumentista) ha bisogno, in linea generale, di essere modificata per produrre dei suoni originari che non diano al loro ascolto un senso di decompressione, nel rispetto di quello che definiamo bel suono, ossia un tipo di sonorità che richiami un’energia acustica presente e non senza forza o smalto che possiamo definire decompressa o meglio nella terminologia SUONO NON SOSTENUTO.

Situazioni analoghe si verificano anche negli altri strumenti a fiato con la differenza che negli strumenti ad ancia le labbra devono agire sulle stesse ance, nella ricerca delle giuste variazioni di velocità di flusso immesso per il sostegno dei suoni.

Negli strumenti ad ancia sia semplice che doppia un aumento spropositato di flusso senza il giusto controllo delle labbra sulle ance può generare suoni calanti di intonazione, mentre i suoni sforzati possono avvenire quando le labbra sono troppo strette sulle stesse ance in un uso spropositato dell’intensità del flusso aereo.

Per gli ottoni ovviamente l’azione di correzioni di velocità di flusso aereo fondamentali alla ricerca del suono sono relegate alle labbra, ma come vedremo nei prossimi articoli non solo.

Nella formazione della compressione aerea dal punto detto nodo a quelli detti ventri, dal grado di energia maggiore o minore prodotta e assimilabile a variazioni di velocità di flusso, si avranno suoni con variazioni timbriche diverse e ossia sostenuti o meno sostenuti in forza aero-muscolare, nei colori timbrici e nelle loro altezze tonali. Un tipo di suono non pieno e decompresso viene facilmente fuori nei principianti, in quanto l’aria dello strumentista che comprime quella contenuta negli strumenti è più calda e quindi più leggera di quella al loro interno. Il flusso dell’esecutore principiante non risulta ancora adeguatamente modificato dai suoi muscoli, non allenati a farlo nelle maniere corrette. Può accadere soprattutto nel registro grave del flauto traverso, ad esempio, in quanto l’aria da spostare per produrre il suono ha un peso maggiore e quindi necessita di maggiore compressione. Le particelle dell’aria più calda proveniente dai polmoni, rispetto a quelle contenute nel flauto, sono più distanti tra loro e hanno poca forza di compressione rispetto all’aria presente tra il tubo dello strumento e il suo esterno. È proprio questa dinamica di base, dunque, a generare la problematica di emissione di un suono che consideriamo emesso non “ben sostenuto”.

Lo strumentista in inverno ha esigenza di riscaldare il flauto prima di un’esecuzione strumentale più che in primavera. Lui in realtà non riscalda il flauto ma l’aria fredda in esso contenuta e troppo pesante, rispetto alla sua calda, per poter produrre dei suoni pieni e non decompressi. Molti docenti di flauto invitano i propri alunni ad alitare aria calda nel flauto e non soffiare molto forte durante la produzione del suono. Cercano di trovare una giusta dimensione di temperatura tra aria da immettere e aria presente nel tubo. In pratica alitando tendono a riscaldare quella contenuta nello strumento cercando di renderla più leggera da comprimere. Invece, altri docenti, si oppongono a questa tecnica, invitando a soffiare aria fredda e veloce attraverso una modifica sostanziale della chiusura delle labbra, in pratica cercano di aumentare la velocità del flusso in ingresso alla boccola per dargli maggiore forza di compressione. Le due tecniche sono sostanzialmente corrette e producono tipi di sonorità differenti. Aria calda su aria calda può produrre un bel suono pieno, le particelle delle due colonne aeree che interagiscono tra loro hanno un equilibrato rapporto di compressione; se si aumenta in questo tipo di tecnica l’intensità del flusso aereo nella ricerca di una sonorità “Fortissimo” si può incorrere nella produzione di suoni spinti e crescenti, la pulsazione diventa irregolare nel tubo, questo tipo di inconveniente si corregge attraverso un uso sapiente delle labbra. All’aumentare dell’intensità del flusso aereo, sarebbe opportuno nel flauto traverso, se il suono risultasse spinto o crescente di intonazione, stringere le labbra nella zona laterale ad esse per diminuirne la sproporzionata intensità ed aumentarne la velocità; in quanto nella dinamica descritta di suono sforzato si generano degli attriti sbilanciati tra aria dello strumentista e pressione atmosferica. Il flusso aereo dell’esecutore, ancora una volta, risulta venir meno nelle velocità adeguate alla corretta compressione dell’aria contenuta tra lo strumento e la detta pressione atmosferica.

Tra il ventre che si genera verso la boccoletta e quello formatosi per opposizione alla compressione verso il piede della canna, si creerà un attrito troppo forte tra aria che si muove verso l’esterno a destra del tubo e quella che si muove al contrario, con conseguente aumento di grado di pulsazione tra boccoletta e l’interno della stessa.

Succede che la pulsazione aerea va incontro a dei blocchi e l’aria non riesce a vibrare per tutta la lunghezza del tubo, rispetto ai suoni da emettere. Si crea una situazione atipica che genera una pulsazione aerea crescente rispetto al suono da emettere intonato, conseguente ad una pulsazione dell’aria che avviene in una dimensione di tubo più piccolo generatasi con il blocco della vibrazione aerea stessa.

L’aria, dunque, si blocca nel suo movimento completo rispetto alla lunghezza della canna, in relazione al suono ideale da produrre.

Ad esempio:

Nell’emissione di un La a 442 pulsazioni al secondo, dato dalla posizione digitale che varia la lunghezza del tubo nel flauto, se la velocità del flusso aereo dello strumentista non è coerente con il suono da emettere si dà luogo ad una sorta di blocco-sforzo nell’emissione sonora, riferibile a degli attriti troppo forti che si generano tra il suo flusso aereo di sproporzionata intensità e la pressione atmosferica che reagisce tra il tubo del flauto e il suo esterno. Il suono cresce perché la pulsazione si genera in un luogo del tubo leggermente più corto rispetto a quello ideale alla frequenza da emettere.

La maggioranza dei professionisti del flauto esegue diverse manovre di correzione in maniera naturale e disinvolta, anche senza conoscerne il meccanismo a fondo. 

Stringere le labbra ai lati, nei suoni medio-gravi, aumenta la velocità del flusso aereo consentendo una pulsazione più regolare dell’aria, nel caso di un suono troppo spinto o crescente, regolandone la sua intensità di base in una condizione di soffio non trattenuto in “forza di espulsione”.

Nei suoni acuti, invece, il trattamento dei suoni spinti e crescenti dovrebbe prevedere l’inverso: apertura del cavo orale senza mollare la pinza labiale laterale e indirizzo del diaframma verso il basso per favorire alcuni muscoli vocali a variare la loro posizione atta ad aumentare e sostenere la velocità del flusso aereo in maniera adeguata, rispetto alle altezze da produrre.

Nei principianti che producono suoni senza prestare molta attenzione alla giusta chiusura del foro labiale, soprattutto in quelli che evidenziano da subito un tipo di sonorità vuota, l’uso delle labbra è da subito fondamentale. Le labbra nello strumentista a fiato e il loro uso consapevole le va a catalogare nei muscoli che possono modulare la velocità aerea che definiremo, in questa fase di studio, relativa agli aggiustamenti timbrici delle frequenze da emettere tra il flusso aereo in ingresso tra lo spigolo esterno e interno della boccola nel flauto, tra il bocchino e lo strumento negli ottoni, tra ance e interno dello strumento negli strumenti ad ancia, nei rapporti con le temperature della pressione atmosferica circostante ad essi. Un’azione di compressione aerea più marcata, eseguita con tensioni nelle zone labiali laterali, nell’ emissione di flusso genera un’azione aerodinamica più incisiva da parte dello strumentista verso la pressione atmosferica che si riflette tra l’esterno dei tubi e il loro interno, con conseguenze sul suono e la sua timbrica. Definiremo velocità del flusso aereo variabile, in relazione alle frequenze da emettere nella loro qualità timbrica, quella che si genera per tutto il percorso che l’aria dello strumentista compie prima di giungere all’esterno, nelle sue possibili modifiche date dalle maggiori aperture o chiusure, coscienti o non coscienti, del suo cavo orale stesso.

Uno studente che si appresta a produrre i primi suoni nel flauto, può trovare, dunque, difficoltà per diversi motivi. La sensazione principale che ha durante la produzione dei primi suoni è quella che la sua aria finisca subito.

Le percezioni aeree non sono uguali per tutti: uno studente che ha un cavo orale più piccolo rispetto ad un altro, ha più possibilità che la sensazione di dispersione aerea diminuisca in quanto un cavo piccolo naturalmente produce un flusso aereo ad una velocità maggiore di un cavo più ampio. Maggiore è la velocità del flusso in uscita, maggiore è l’attrito che si genera con la pressione atmosferica tra interno ed esterno del tubo dello strumento e minore ne è la dispersione aerea, mentre maggiore sarà il grado di compressione aerodinamica che si produce. Nel prossimo articolo tratteremo e cercheremo di definire come gli attriti che si creano tra il flusso aereo dello strumentista e la pressione atmosferica si riflettono sui muscoli vocali, in maniera sempre crescente o decrescente in relazione alle altezze dei suoni da emettere. 

Bisogna aggiungere che un labbro più teso durante la fase espiratoria genera condizioni e attriti consistenti alla regolazione del flusso stesso, oltre a generare aumenti di velocità aerei. Il tutto gravità sempre intorno alle velocità del flusso aereo dello strumentista nell’emissione sonora sia per la timbrica ovvero per la qualità del suono, che per le altezze e la loro intensità. Possiamo definire la velocità del flusso aereo prodotta dall’esecutore in diverse tipologie e in relazione ai suoi più piccoli cambiamenti: velocità relativa all’altezza tonale, velocità relativa alla sua timbrica, alla sua intonazione, all’intensità del suono.

Nella prima tipologia, ossia alle variazioni di altezza tonale, l’aumento di velocità è maggiore rispetto alle altre tipologie; possiamo parlare di aumenti di velocità di flusso e micro-aumenti di velocità di flusso stesso. Velocità del flusso che si modula attraverso diversi parametri di azioni muscolari interagenti tra loro.

L’azione-reazione dei muscoli vocali è determinante al sostegno delle variazioni di velocità prodotte dal flusso aereo dall’esecutore, negli atti di compressione durante la produzione del suono nel flauto nelle varie altezze e dinamiche sonore. La stessa cosa dicasi anche per gli altri strumenti a fiato.

Le azioni dette, nonché le reazioni che ne conseguono, si generano tra la parte interna della bocca dell’esecutore e il tubo del flauto, nonché negli strumenti a fiato, a favore del sostegno e della qualità dei suoni prodotti.

In seguito, negli articoli relativi all’analisi approfondita delle dinamiche che si generano tra i detti muscoli vocali e respiratori e la produzione dei suoni nel flauto e negli strumenti a fiato, vedremo come un mancato sostegno alla pulsazione aerea da parte dei muscoli citati può determinare una perdita di velocità aerea e, viceversa, come un rallentamento di velocità può determinare una diversa reazione dei muscoli stessi. Si può generare uno scorretto rapporto di sostegno muscolare alle pulsazioni generatesi tra i due sistemi interagenti, ovvero uomo-strumento a fiato, ripercuotendosi, come già detto, sulla qualità dei suoni prodotti. Più aumenta la velocità di un flusso aereo, più aumenta la corsa delle sue particelle e viceversa. La velocità è sensibilmente modificata anche dall’intensità del flusso stesso. Per pressione aerea si deve sempre intendere un flusso aereo con particelle più ravvicinate tra loro, prendendo come parametro di forza massima la pressione atmosferica con cui ci si confronta ed interagisce durante la produzione del suono. Maggiore è la velocità di un flusso aereo, maggiore è l’attrito che si genera tra la pressione atmosferica e il flusso in movimento, maggiore l’impatto sulle fasce muscolari che regolano il flusso aereo dello strumentista a fiato durante l’emissione dei suoni sui vari strumenti. I giochi aerodinamici si ripercuotono dunque sulla qualità del suono, influenzando l’intensità degli armonici in esso contenuti, ovvero quei suoni non percepibili ad orecchio umano, se non isolati da apparecchiature elettroniche, facenti parti di un unico suono composto che si dice fondamentale.

Una maggiore velocità di flusso, durante la fase di pulsazione, produce un suono con timbro più chiaro e viceversa. Bisogna comunque e sempre tenere libero da tensioni il centro delle labbra per evitare un insufficiente ingresso di flusso aereo nel flauto, al fine di non incorrere nella produzione di suoni poco sonori e liberi nella loro sensazione uditiva. 

Per terminare questo articolo possiamo definire il suono negli strumenti a fiato, prodotto dall’uomo, la pulsazione di una colonna aerea che si crea tra pressione atmosferica, l’aria contenuta nei tubi e le contingenze meccaniche (ance, boccoletta, bocchino) che la eccitano sincronicamente all’emissione del flusso aereo dell’esecutore nelle svariate variazioni di temperatura. Essa è sostenuta, come prossimamente vedremo, in velocità e intensità dai muscoli vocali, respiratori e labiali in virtù delle forze di attrito che si generano tra le contingenze aeree che formano il suono stesso. 

Si formano tra i flussi che danno vita all’azione sonora, delle forze di attrito: ovvero delle resistenze tra i flussi che si contrastano nel moto, tali da produrre delle pulsazioni. 

ESEMPIO DI PRODUZIONE DEL SUONO NEL FLAUTO TRAVERSO

Nel prossimo articolo: I muscoli vocali e respiratori coinvolti nella produzione del suono nel flauto e negli strumenti a fiato.


Marco Gaudino

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Flautista e ricercatore napoletano, docente di flauto M.I.U.R.
Ha intrapreso congiuntamente alla carriera concertistica e di didatta gli studi sul comportamento e ruolo delle corde vocali nelle tecniche del flauto e negli strumenti a fiato, supportato da diversi foniatri Italiani. Autore di saggi e trattati sull’argomento: “Nuova ipotesi sulla produzione del suono nel flauto traverso” edito nel 1991 da Flavio Pagano e nel 2019 dalla Lulu, “Suono Pensando” ed Lulu, tiene seminari in diversi conservatori e facoltà musicali in Italia e all’estero. È autore di un software per la didattica del flauto e di un dispositivo che ottimizza la qualità del suono del flauto. Ha inciso per la Phonotype Record le opere per flauto del compositore Italo-Americano Keith Goodman.